Corporate Storytelling: l’azienda che parla sempre del passato rischia di non vedere il futuro

Addormentarsi ascoltando storie richiama in noi il periodo della fanciullezza, quando pendevamo dalle labbra di qualche genitore o qualche nonno attempato che con pazienza indossava gli abiti comodi del narratore. Siamo cresciuti nutrendoci di storie o inventandone alcune di sana pianta evidenziando una vena creativa che nel corso degli anni è andata scemando, presi come siamo da una realtà fagocitante che tende a respingere la narrazione privilegiando il presente, il qui e ora che di questi tempi fa tanto Mindfulness.

Sarebbe però fortemente riduttivo attribuire alle storie capacità esclusivamente soporifere per quanto in molte Aziende sembra quasi una scelta di comodo addormentarsi ascoltando come un mantra certi racconti fino a convincersi che quella storia sia l’unica possibile.

Questo rappresenta un fenomeno preoccupante perché evidenzia una volta di più la poca reattività di certe Aziende nel riscrivere la propria storia. Senza dubbio più facile cullarsi nel passato perché, diciamocelo chiaramente, il passato è tutto sommato rassicurante per il semplice fatto che l’abbiamo già vissuto e magari quel passato è coinciso con un momento felice dell’Azienda per cui il ricordo dei bei tempi andati si fa nostalgia ed è un dato di fatto che ne uccide più la nostalgia che un’epidemia di Ebola.

Parlare oggi di Narrazione, nel senso più autentico del termine, rappresenta non più una scelta ma una vera e propria necessità per un bisogno ineludibile di riallinearsi o meglio dire riposizionarsi.

In questa accezione la narrazione o meglio il bisogno di narrazione deve giocoforza rappresentare un momento di discontinuità rispetto al passato. Un momento nel quale si avverte forte la necessità di comunicare in modo diverso forse più intimo, nello spirito originario dell’oralità come momento fondante della narrativa contemporanea. Ma soprattutto nel momento in cui un’Organizzazione decide che è arrivato il tempo di utilizzare tecniche narrative per veicolare, ad esempio, dei messaggi forti e immediati, a un numero vasto di persone, l’oggetto della storia deve essere qualcosa di trasformativo, rendere il posto in cui si vive un posto diverso.

Ci sono però dei rischi perché la narrazione è un po’ come un gas inerte, all’apparenza ci sembra qualcosa di impalpabile mentre in realtà può avere effetti devastanti sia nel bene che nel male. E’ in questo scenario che lo storytelling prende forma il più delle volte in maniera spontanea, senza una struttura definita, con passione artigianale. Qualcosa da usare per l’occasione e poi riporre nel cassetto, tipo per intenderci un vestito da sposa. Questo significa snaturare il potere dello storytelling che deve seguire le sue regole e il suo impianto e che, tra le altre cose, deve prevedere una corresponsabilità in termini di coinvolgimento, altrimenti è solo comunicazione a una via che significa in buona sostanza fornire risposte vecchie a problemi nuovi.

L’ingaggio delle persone passa anche attraverso la scelta consapevole degli storyteller. Se ne parla troppo poco ma hanno una funzione fondamentale per il semplice fatto di metterci la faccia. Spesso, ma non necessariamente, sono ruoli apicali, veri e propri motivatori capaci di trascinare in un vortice emotivo un grande numero di persone fino a convincerle che quella è la nuova strada da seguire. Se vogliamo sono la versione Aziendale degli Influencer di cui Chiara Ferragni è un’icona riconosciuta. Ci sono dei momenti che rappresentano una straordinaria occasione per utilizzare i meccanismi narrativi, mi riferisco in particolare alla necessità di riallineare gli obiettivi dell’Azienda e di adottare dei nuovi principi distintivi o di valori ai quali aderire. La scelta di calarli dall’alto senza preoccuparsi di sentire il polso della base può rappresentare una grande occasione sprecata. Molto più efficace una riscrittura di tipo collettivo con l’obiettivo di ingaggiare il maggior numero di persone.

Altro aspetto su cui riflettere è che in molte Aziende si registra un’asimmetria narrativa nel senso che si è molto di più focalizzati sulla storia dell’Azienda piuttosto che sul capitale umano dell’Azienda stessa. Il risultato è una conoscenza superficiale delle persone che in periodi di crisi e di continui e necessari riallineamenti rappresenta un ostacolo difficile da superare. Ritengo che una delle concause della crisi che stiamo attraversando sia proprio un deficit di narrazione che si traduce in un senso di inadeguatezza rispetto ai cambiamenti che oggi rappresentano la regola e non l’eccezione. Tutto questa genera l’esercito silenzioso dei low performers che una gestione più oculata avrebbe potuto riposizionare su ruoli diversi con un netto recupero della produttività.

Ecco la forza dello storytelling che sinteticamente possiamo immaginare come un percorso evolutivo all’interno delle organizzazioni. Ultimo ma non ultimo è la connotazione persuasiva di un certo tipo di storie. Lo si capisce bene se la collochiamo all’interno di un settore, quello pubblicitario, che ha fatto da apripista al cosiddetto Corporate Storytelling. Condensare in pochi minuti un messaggio utilizzando aspetti emotivi è una scelta che molto spesso si è rivelata vincente. Allora penso che rivalutare certi profili umanistici, inserirli in ruoli apicali, possa essere un vero e proprio momento di discontinuità.

La generazione di chi ha costruito il proprio consenso sul governo dei numeri non è stata capace di evitare o di governare gli effetti in molti casi drammatici della crisi. Un pizzico di umanesimo in più, sulla scorta di esperienze che anche a distanza di anni mantengono la propria forza se vogliamo anche visionaria come ci insegnava Adriano Olivetti, servirebbe eccome, oggi più che mai.

A cura di: Giovanni Di Muoio

Profilo Autore

Giovanni Di Muoio, esperto di Narrazione d’Impresa, ha maturato una lunga e consolidata esperienza in ambito HR. Attualmente ricopre il ruolo di HR Business Partner in BNL ‒ Gruppo BNP Paribas, in precedenza ha lavorato in SIAE e come libero professionista. Ha collaborato con diverse testate su tematiche HR e ha pubblicato cinque libri di Narrativa. Specializzato in Short Stories ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per la sua attività di scrittore.

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