Chi troppo verifica, poco pianifica

Controllare che tutto proceda secondo quanto pianificato è uno dei compiti principali di un manager.

Al contrario, ciò che risulta improduttivo (a meno che non si tratti del coordinamento di lavori pericolosi o laddove si abbia a che fare con grandi somme di denaro, come la gestione dei flussi di cassa), è la verifica fine a sé stessa. Gli accertamenti, fatti allo scopo di seguire pedissequamente il manuale, senza prevedere la possibilità di intervenire apportando migliorie al piano d’azione, quelli compiuti con il solo obiettivo d’individuare il “colpevole”, appartengono a una forma di leadership burocratica che sta diventando sempre più obsoleta nel management moderno.

Pianificare, Organizzare, Comandare, Motivare e Verificare sono i princìpi sui quali, secondo Henri Fayol (1841-1925) imprenditore e ingegnere francese, uno dei fondatori delle scienze manageriali, ogni azienda deve puntare per vivere e svilupparsi.

Anche se questa teoria di management si riferisce a organizzazioni produttive poco strutturate, nate su modelli validi all’inizio del secolo scorso, molti concetti rimangono ancora oggi validi.

Le intuizioni dell’ingegnere francese sembrano aver superato la prova del tempo, infatti, usate come spunti di riflessione sul ruolo del manager contemporaneo e sugli strumenti che questi deve saper usare, risultano di straordinaria attualità.

Entrando nello specifico, un manager, secondo Fayol, non può esimersi dal saper:

Pianificare, agire con lungimiranza, preparare l’organizzazione al futuro, definire degli obiettivi ed elaborare un idoneo piano strategico per migliorare la struttura nella quale lavora e la vita delle persone che quotidianamente contribuiscono al suo successo;

Organizzare un sistema adatto alla realizzazione dei piani, disporre in campo le risorse in suo possesso (materiali, strumenti, capitali, personale) e interessarsi, quando è il caso, a reperire ciò che manca;

Comandare, mantenendo attive le risorse umane;

Motivare, consentire che tutte le parti del sistema si muovano in armonia, non entrino quindi in conflitto tra loro, aumentando le possibilità di successo;

Verificare che tutto proceda secondo il programma stabilito.

Queste cinque competenze manageriali sono tra loro reciprocamente interconnesse in maniera ciclica e la fase della Pianificazione, quella nella quale si definiscono le priorità strategiche nel medio-lungo periodo, deve essere considerata propedeutica a tutte le altre.

Un manager incapace di Pianificare, non in grado d’avere una visione del futuro partendo da una realistica analisi del contesto, non sarà neppure capace di Organizzare, vista l’impossibilità di definire obiettivi realistici, scegliere e ripartire le risorse. Se vengono a mancare le basi organizzative, di conseguenza, i Comandi saranno affidati al caso e la Motivazione non potrà garantire l’auspicata armonia tra le parti del sistema.

A questo tipo di manager rimane solo l’aspetto della Verifica e, per giustificare la sua esistenza lavorativa, il proprio ruolo, la propria immagine aziendale, comincerà a produrre una mole sempre maggiore di aspetti che meritano i suoi interventi di controllo: moduli da compilare, carte da firmare, scadenze da rispettare, ecc; di solito cose inutili, o secondarie, che finiscono per appesantire la macchina burocratica, abbassare il livello di empatia e allontanare l’interesse dal raggiungimento degli obiettivi.

Questa figura manageriale, destinata alla rapida estinzione, sarà in breve tempo sostituita dall’intelligenza artificiale, da qualche app in grado di gestire i diagrammi di flusso e il controllo burocratico meglio di un essere umano.

Tra le competenze individuate da Fayol, la capacità di pianificare è quella che più delle altre, differenzierà un bravo manager. Saper pianificare implica il possesso di peculiari doti umane, non riproducibili oggi da nessun algoritmo digitale.

Portare energia nuova attraverso idee brillanti ma attuabili e proiettare l’organizzazione verso un futuro realizzabile e sostenibile, vuol dire porre le basi all’elaborazione di validi piani strategici; programmi organizzativi che tengano conto delle reali risorse a disposizione, soprattutto di quelle umane, rendendo semplice il lavoro di comando e appassionante l’ambiente lavorativo.

Le attitudini e le competenze che fino ad oggi sono servite per fare carriera e assumere posizioni di potere, non sono più le stesse che verranno richieste in futuro per gestire un team o un’azienda. Una persona molto ambiziosa, con uno spiccato orientamento ai risultati e ossessionata dal continuo controllo, che dedica tanto tempo al lavoro trascurando famiglia e hobby e prova piacere nel prendere decisioni e comandare sugli altri: è questo l’identikit di molti dirigenti d’azienda e direttori commerciali.

Siamo proprio certi che chi nel tempo è riuscito, per personale brama di potere, a conseguire buoni risultati di vendita, una volta fatta carriera e aver raggiunto un alto livello gerarchico, metta da parte narcisismo e ambizioni personali e lavori per il bene dell’intera organizzazione?

Che alla luce degli incredibili cambiamenti comportamentali e attitudinali, individuali, sociali e lavorativi, che le persone stanno rapidamente compiendo, sia capace di formare gruppo e creare senso d’appartenenza?

Siamo sicuri che tutti manager siano provvisti di leadership, oppure molti, spogliati della loro posizione gerarchica, risulterebbero incapaci d’appassionare i loro stessi familiari e amici?

L’accentramento decisionale e il serrato controllo, in un’epoca caratterizzata da continue e velocissime trasformazioni, rischiano di generare apatia, un clima di assoggettamento alle regole, invece di condivisione delle strategie.

Per questo, il manager del futuro darà maggiore valore ai rapporti umani; sarà in grado di mettere in connessione le persone, facilitando lo scambio di strategie e conoscenze; saprà lavorare sulle componenti emotive, per favorire il lavoro di squadra e l’allineamento alla vision aziendale; prevedrà la costruzione di piani di sviluppo individuali, per ogni singola risorsa umana; darà maggiore importanza al necessario equilibrio tra la vita lavorativa e personale, sua e dei propri collaboratori.

Verificare che tutto proceda secondo i piani stabiliti rimane uno degli aspetti cardini del lavoro manageriale, ma è con un insieme di soft skills che si riuscirà a prevedere per tempo ciò che potrebbe accadere e pianificare con saggezza.

Creatività, umorismo, capacità d’ascolto, empatia, intelligenza emotiva, sono tutte competenze trasversali indispensabili per costruire ambienti lavorativi positivi, far nascere senso d’appartenenza e determinare condivisione.

Bibliografia

  1. H. Fayol. Gestione generale e industriale. Guerini e associati – Novembre 2011.
  2. BJ Hodge. Teoria dell’organizzazione: un approccio strategico. Pearson Education – 2002
  3. Franco Fontana. Il sistema organizzativo aziendale. Franco Angeli – 1999
  4. W. Levati e M. Saraò. Psicologia e Sviluppo delle Risorse Umane nelle Organizzazioni. Franco Angeli – Aprile 2017
  5. Alessandro Cravera. Siamo sicuri che i leader debbano avere un pessimo carattere? 13 Novembre 2018. Il Sole 24 Ore – https://www.ilsole24ore.com/art/management/2018-08-30/siamo-sicuri-che-leader-debbano-avere-pessimo-carattere-155100.shtml?uuid=AE6oBVhF

 

Articolo a cura di Saverio Greco

Profilo Autore

Lavora da molti anni come Area Manager per importanti aziende farmaceutiche, occupandosi di selezione, gestione e sviluppo delle competenze.
Da sempre appassionato di leadership e comunicazione è autore dei libri LE PARABOLE DEL MANAGER (Mimep Docete, 2015) e MANAGER E VENDITORE TOP (HOW2 Edizioni, 2020).

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