Il Guardian ha pubblicato un’inchiesta interessante su Google in cui dichiara come l’azienda abbia volutamente ritardato di ottemperare alla normativa sull’equità retributiva a vantaggio della propria contingent workforce[1].
La questione dell’equità retributiva, spesso associata alle piattaforme e alle aziende tech, vista la loro natura globale e il tradizionale hype che le circonda[2], è il segnale di un problema più generale che sia il modello organizzativo tradizionale[3], che i nuovi modelli di ecosistemi digitali, non sono ancora riusciti ad affrontare con successo.
La disuguaglianza nel trattamento dei lavoratori è infatti l’effetto di un problema più complesso che riguarda tutte le organizzazioni alle prese con le sfide di un lavoro sempre più liquido, autonomo, digitale, discontinuo e socialmente e territorialmente diffuso[4].
Iniziamo a capire perché con tre considerazioni che allargano il focus rispetto a quanto segnalato dal Guardian:
Cosa fare dunque per limitare o risolvere questo problema in modo strutturale?
Iniziamo con alcune annotazioni:
Il punto è quindi far funzionare bene le organizzazioni in questo nuovo contesto tutelandone la libertà e il dinamismo e prendendo contemporaneamente il buono degli ecosistemi digitali (inclusione, flessibilità, produttività) e delle organizzazioni tradizionali (stabilità, tutele).
Ritengo sarebbe sbagliato e controproducente infatti sia obbligare le aziende con misure troppo rigide, riconducendole a modelli organizzativi tradizionali, sia perseguire delle fughe in avanti senza un ragionamento solido alla base.
La prima soluzione non funzionerebbe perché non porrebbe comunque limiti alla burocrazia aziendale, metterebbe a rischio la salute dei bilanci e infine porterebbe a delle rigidità nei rapporti di lavoro che probabilmente nemmeno i lavoratori desiderano[16]. Il secondo modello porterebbe ad una precarizzazione eccessiva del lavoro scaricando i rischi su una fascia di popolazione troppo ampia e non in grado di sopportarla.
Bisogna invece modificare alla base la modalità di funzionamento delle organizzazioni. Ecco alcune indicazioni, pur sapendo che la soluzione ad un tema così complesso non può essere indicata in poche righe, per migliorare le organizzazioni:
Secondariamente serve un nuovo modello di regolazione dei rapporti di lavoro che supporti, o almeno non ostacoli i punti indicati sopra, e limiti le conseguenze negative della burocrazia aziendale e gli eccessi di mercatismo dei modelli di piattaforme per soli lavoratori autonomi.
Infine va analizzata la natura dei rapporti di lavoro alla luce dei cambiamenti tecnologici in atto per definire cosa crea valore e come. La tecnologia ci offre la possibilità di uno straordinario cambiamento nel modo in cui lavoriamo allineando meglio le necessità delle organizzazioni, degli individui e della società nel complesso[17].
Questo nuovo modello può nascere dalle migliori energie e risorse del mondo tech e dall’esperienza e volontà riformatrice delle menti più illuminate in tema di lavoro e organizzazione.
Un cambio di gioco sempre più necessario perché il lavoro sia un alleato e non un freno del progresso.
[1] Parliamo di decine di migliaia di persone nel mondo
[2] Lo stesso meccanismo caratterizza generalmente anche le piccole organizzazioni o quelle in settori tradizionali
[3] Si legga su questo punto Humanocracy di Gary Hamel e Michele Zanini
[4] Pensiamo all’aumento del lavoro delle donne con figli o alla convivenza di generazioni diverse.
[5] Giovani , donne , lavoratori espulsi da altre organizzazioni ‘fallite”
[6] E di conseguenza economia generale-vedi potere d’acquisto etc
[7] Una sorta di potere/rendita di posizione decrescente.
[8] Questo dipende in quota parte dalle competenze e dai risultati ma in quota parte anche dall’essere stati assunti prima e dalla presenza fisica nell’HQ dell’azienda
[9] Non sempre gli executive hanno informazioni sufficienti o leve organizzative che includono la contingent workforce nelle scelte di allocazione del budget
[10] Oggi è molto più semplice contrattualizzare un freelance con vat che non un lavoratore subordinato a tempo parziale o in modo discontinuo a causa della non sufficiente cooperazione fra stati nel diritto del lavoro
[11] Così definito nella lettera di Warren Buffet del 1989 agli investitori di BH (https://www.berkshirehathaway.com/letters/1989.html).
[12] Non è chiaramente il caso di Google, Si immagini un monopolio che scarica sovra costi sulla collettività per mantenere una casta di mandarini Si veda anche Acemoglu sulle realtà estrattive.
[13] Interessante sarebbe il contributo dei sindacati anche se spesso sembra siano più interessati a mantenere i privilegi di posizione di alcuni più che aprire ad un modello più equo per tutti.
[14] Questi governano una burocrazia altamente conservativa e organizzazioni non così evolute
[15] E’ socialmente e politicamente più accettabile spostare le discriminazioni lontano dall’HQ e dal paese di residenza delle aziende
[16] Tutte le ricerche sulla contingent workforce sottolineano come il miglior equilibrio vita lavoro, la flessibilità dell’agenda e l’autonomia sono aspetti a cui i lavoratori non vogliono rinunciare
[17] Aziende cercano flessibilità, produttività e innovazione, individui libertà e tutele, società dinamismo e stabilità
Articolo a cura di Nicolò Boggian
Un tempo il compito di traghettare l'azienda verso il futuro tramite lo sviluppo di nuove…
Negli ultimi mesi causa il lento e inesorabile declino della redditività nella stipula delle Polizze…
Attiva da più di 30 anni e oggi parte del gruppo internazionale Zucchetti, Cybertec è…
Il focus sulla formazione professionale in Europa Nello spirito di favorire gli investimenti destinati a…
Nel complesso e volatile panorama aziendale odierno, le pratiche tradizionali delle supply chains non sono…
I dati sono chiari. L'Intelligenza Emotiva (EQ) è un fattore chiave di differenziazione per i…