La gestione del patrimonio immobiliare e il Building Information Modelling (BIM)

Perché parliamo di BIM

A partire da gennaio 2019 è ufficialmente cominciato in Italia il processo di “digitalizzazione” dell’intera filiera edile. Il decreto 570/2017, meglio noto come decreto Baratono, ha introdotto l’obbligatorietà del BIM per tutte le commesse pubbliche al di sopra dei 100 milioni di euro. Nei prossimi anni tale tetto diminuirà sempre più fino ad essere richiesto per qualsiasi importo entro il 2025.

In alcuni paesi del nord Europa non esiste alcuna obbligatorietà, eppure il BIM è già molto più diffuso che in Italia. Questo grazie a una comprensione comune dei numerosi vantaggi del BIM per la filiera edile, compreso, anzi soprattutto, apportati a proprietari di immobili e infrastrutture.

Il BIM e il processo di industrializzazione della filiera edile

La digitalizzazione del processo edile introduce il concetto di “industrializzazione” in un settore che è tra i più tradizionali ancora oggi esistenti. Il motivo per cui in edilizia non si è mai parlato di industrializzazione risiede nel fatto che ogni edificio è “unico” e che, quindi, non si può parlare di prototipo replicabile per migliaia di esemplari. Persino villini a schiera e palazzi condominiali differiscono gli uni dagli altri nonostante in apparenza possano sembrare identici. Dunque non è stato possibile, fino ad oggi, pensare a una sorta di catena di montaggio che partendo da un prototipo permetta di replicare lo stesso risultato per grandi numeri.

Ma se questo è vero nel mondo edile reale, non lo è in quello virtuale, dove si può considerare un edificio come l’assemblamento di pareti, finestre, solai e così via, e si possono produrre opere molto diverse tra loro utilizzando questi elementi, come accade per esempio per dei lego. Nel BIM, infatti, si parla di progettazione “parametrica” o “a oggetti” nel caso in cui un edificio possa essere realizzato inserendo gli oggetti che portano con sé determinate caratteristiche desiderate nel progetto quali, ad esempio, lo spessore, la stratigrafia, la trasmittanza di una parete. Tutti questi oggetti, una volta inseriti, danno non solo la possibilità di visualizzare l’edificio come risulterà una volta realizzato, ma anche di fare valutazioni utili e diverse quali i consumi energetici, l’impatto ambientale, la distribuzione dei locali, i piani di evacuazione, i piani di manutenzione preventiva e tanto altro ancora.

Quindi il modello virtuale che precede la costruzione dell’opera edile può non solo essere utilizzato per molteplici scopi diversi ma anche per prove di assemblamento virtuale in modo diverso degli stessi oggetti con le caratteristiche individuate di volta in volta per le pareti, gli infissi, i solai, gli impianti, ecc.

Attualmente il BIM viene “recluso” spesso al solo ambito della progettazione, senza coinvolgere costruttori e fornitori di materie prime e prodotti. Eppure così facendo non si usufruisce appieno di tutti i vantaggi che un processo di “industrializzazione” del settore edile porterebbe a tutto tondo. Ma vediamo meglio il significato di industrializzazione applicato al settore edile. La Treccani dà questa definizione di “catena di montaggio”: “Sistema di produzione costituito da un nastro, definito nastro trasportatore, sul quale scorrono parti componenti o semilavorati secondo tempi prefissati e sincronizzati. L’assemblaggio è compiuto nelle stazioni di montaggio distribuite lungo la catena e presidiate da uno o più lavoratori”.

Nel settore edile, l’industrializzazione è rappresentata da un modello tridimensionale che passa attraverso i diversi “attori” della filiera edile per diventare l’esatto modello virtuale di una qualsiasi opera, che si tratti di un villino, un grattacielo, un’autostrada, un aeroporto, una stazione con i suoi binari, un porto con i suoi attracchi, un ospedale, una scuola, una rete fognaria… insomma tutto ciò che è stato costruito per opera dell’uomo, ma anche che modella elementi naturali quali paesaggi, corsi d’acqua, ecc.

In pratica al “nastro trasportatore” possiamo idealmente sostituire un modello tridimensionale con il quale, durante il processo edile, assembliamo informazioni provenienti dai diversi professionisti che devono lavorare alla progettazione architettonica, strutturale, impiantistica ma anche specialisti energetici, ambientali, della sicurezza e così via. proprio come il nastro trasportatore, permette di assemblare i pezzi di un’auto partendo dallo chassis.

Figura 1: il processo circolare (immagine di Caterina Nissim, IBIMI)

Il BIM è anche ottimizzazione della gestione e della manutenzione

Rispetto all’esempio della catena di montaggio, il BIM non si ferma alla realizzazione, ma continua anche durante il suo utilizzo. Volendo continuare con il paragone dell’auto, possiamo osservare come nel corso del tempo le auto siano sempre più fornite di sensori che ci avvertono quando è il momento di cambiare l’olio, i filtri, i freni oltre a segnalarci malfunzionamenti e anomalie. In edilizia, usiamo il modello BIM per il facility management collegato a sensori che avvertono del cattivo funzionamento di un impianto o anche delle irregolarità tra il comfort pianificato e quello effettivo. È inoltre possibile, in questi casi, intervenire tempestivamente inviando al manutentore l’esatta posizione dell’elemento da sostituire o revisionare e scoprire perché porta a valori troppo bassi o troppo elevati rispetto al piano iniziale. Questa opportunità è stata valutata economicamente da studi fatti sia negli USA che in Europa, soprattutto UK, ed è stato dimostrato che si possono ridurre i costi di gestione e manutenzione fino al 50% del totale. Considerando la lunga vita di un edificio, questo risulta ovviamente in notevoli risparmi.

Quali sono i vantaggi per la filiera?

I vantaggi toccano sicuramente tutti gli attori della filiera ma variano percentualmente nelle diverse fasi. In figura, tratta da uno studio portato avanti dal NIST (USA) vediamo come in ogni fase del ciclo di vita ciascun attore ha un vantaggio economico variabile. Durante la progettazione i vantaggi maggiori riguardano i progettisti, in quanto la progettazione parametrica permette di produrre un progetto di migliore qualità e in tempi ridotti.

Figura 2: i costi della non interoperabilità della filiera edile (immagine di Caterina Nissim, IBIMI)

Si ottiene questo risultato perché i diversi professionisti prima citati lavorano al progetto definitivo nel mondo virtuale dove le eventuali interferenze tra il modello architettonico, strutturale, impiantistico, ecc., possono essere risolte con poche giornate, se non con poche ore, di lavoro.

Di questa progettazione “condivisa” ne beneficiano, in misura minore, anche gli altri attori della filiera. Ad esempio i costruttori, che possono anticipare gli studi sulla logistica del cantiere e possono ottimizzare così l’approvvigionamento riducendo gli sprechi in fase di realizzazione. Produttori e fornitori possono, grazie al BIM, finalizzare la loro produzione ai bisogni dei costruttori con specifiche più chiare, riducendo il rischio di prodotti non conformi ai requisiti del cliente. Dalla figura però vediamo che i maggiori beneficiari del processo BIM sono i proprietari, che vedono ridurre i tempi sia della progettazione che della realizzazione, ottenendo un’opera di migliore qualità e minor costo e che, soprattutto, permetterà loro di ridurre i costi di gestione e manutenzione dell’opera una volta costruita.

Conclusioni e approfondimenti

La digitalizzazione del mondo del costruito è un processo non solo possibile ma necessario. La tecnologia è già disponibile, ora tocca a tutti gli attori della filiera di aggiornarsi acquisendo nuove competenze digitali. Il processo non è immediato e va maturato con gradualità. Il primo passo è approfondire la conoscenza del BIM, i suoi vantaggi e gli strumenti già oggi disponibili. Gli strumenti principali consistono nei software: non software qualsiasi bensì quelli in grado di operare con “l’openBIM”, che il capitolo italiano di buidingSMART si sta impegnando a diffondere ma anche a sviluppare, insieme ai principali stakeholder nazionali.

Per approfondire gli argomenti qui riportati, potete visitare i siti www.ibimi.it  e www.buildingsmartitalia.org.

 

Articolo a cura di Anna Moreno

Profilo Autore

Anna Moreno, laureata in ingegneria chimica a Napoli nel 1979. Nel 1981 consegue il master in macromolecular science alla CWRU di Cleveland, Ohio.
Dal 1983 lavora presso l’ENEA dove è passata dalla progettazione di impianti di trattamento di residui nucleari alla caratterizzazione di materiali ceramici avanzati al trasferimento tecnologico verso le PMI. Dal 1999 si occupa di formazione e diffusione della conoscenza e dello sviluppo di standard per l’interoperabilità.
Nel 2015 fonda l’istituto per il BIM Italia, oggi capitolo italiano di buildingSMART International.

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