Il Travel Manager: questo sconosciuto

Dal punto di vista delle imprese la valutazione dei servizi di business travel passa inevitabilmente da una attenta valutazione dei costi. Quale ruolo ha, se ne ha, la “qualità” del servizio? Quale peso riveste il rapporto tra costo e qualità e, oltre al prezzo, quali dovrebbero essere i punti di attenzione per un buyer?

Triste dirlo, ma la qualità del servizio NON entra ancora nelle travel policies aziendali. Questo non per cattiva volontà, ma perché le informazioni sulla qualità non sono tracciate. Non parlo di standard di servizio (come la classe prenotata o le stelle di un albergo) mi riferisco alle performance del servizio (es. il tempo di risposta di una Travel Management Company, la soddisfazione del viaggiatore d’affari per l’alloggio, il trasporto, il servizio traduzione, ecc…) che sono spesso alla base della produttività in trasferta.

“Poche aziende investono nelle indagini di soddisfazione del viaggiatore, visto che sono tutte tese a tagliare i costi. Le uniche informazioni che si rilevano, e che potrebbero essere la base di un ragionamento di tipo qualità-prezzo, sono quelle che vengono raccolte dal Travel Manager direttamente dai viaggiatori. Anche questa, però, è una visione distorta. I viaggiatori riportano infatti più spesso gli aspetti negativi e quindi diventa difficile dare una valutazione obiettiva sulla qualità del servizio erogato. La valutazione è inoltre distorta dai disservizi al Top Management, che è quello a cui “le aziende” sembrano davvero interessate. Non sarebbe la prima volta che un fornitore viene escluso da una gara perché ci si ricorda soprattutto dell’errore sul viaggio di un Direttore, magari tralasciando il “dettaglio” che le restanti forniture sono risultate impeccabili

Le uniche informazioni disponibili sono dunque quelle auto-certificate dai fornitori o quelle raccolte direttamente dal TM presso i viaggiatori, tutte informazioni non codificate, non standardizzate, e che quindi male si prestano ad una trattazione quantitativa che è la base per ogni analisi di produttività o efficienza del servizio.

Senza informazione e senza capacità di analisi statistica – concetto su cui tornerò più avanti – diventa difficile analizzare KPI come il rapporto costo/qualità e si finisce per limitare l’azione del “TM-gestore” al controllo dei costi. In questo modo si perde gran parte della professionalità e delle possibilità di avanzamento nell’organigramma aziendale. I veri manager infatti, non tagliano i costi, ma li ottimizzano con l’obiettivo di massimizzare l’output.

A limitare ancora di più gli spazi di azione dei “TM-gestore-buyer”, è il fatto che le aziende sono price-takers, cioè hanno margini di contrattazione molto limitati. Da un lato, il trasporto è un oligopolio: le compagnie aeree si alleano, divenendo dei giganti; l’Italia credo sia l’unico paese dove vi sono ben due player sull’alta velocità ma è ancora poco. Dall’altro, gli hotel utilizzano la disponibilità come leva per rendere inutile ogni tipo di contrattazione sulle tariffe.

Voglio dire: un buyer può credere che avere 100.00,00 Euro di spending lo definisca di fatto un cliente “IMPORTANTE” per un hotel, ma ciò non è affatto vero. In una grande città come Roma, ad esempio, dove spesso gli hotel sono in over-booking, il fatto che si voglia pernottare nella settimana di una fiera importante o in un periodo di forte affluenza turistica, pretendendo camere al costo contrattualizzato, risulta solo molto svantaggioso per l’albergatore che sa di potere vendere le stesse camere ad altri clienti, magari walk-in.

Un cliente diventa quindi “IMPORTANTE” quando riesce a distribuire lo spending su tutto l’anno – magari una camera ogni giorno ed evitando i periodi di fiera – ma questa non è la regola nel segmento affari. Le camere vengono dunque rese disponibili al prezzo pattuito (basso) solo se l’albergatore trova conveniente occuparle nel momento in cui l’azienda fa la richiesta. Il momento non è quello giusto? Allora la camera non è disponibile!

Il paradosso è che una camera che non e disponibile per l’azienda potrebbe, nello stesso istante, essere in vendita sui motori di ricerca specializzati anche ad un prezzo inferiore. Questo avviene perché gli hotel hanno bisogno di alimentare tutti i canali di vendita, diversificando il mercato. La difficoltà è spiegarlo ai viaggiatori che, per questo motivo, spesso arrivano a dubitare delle capacità del loro TM. In sintesi direi che sul mercato delle trasferte aziendali non vale l’idea “io spendo tanto e quindi conto”, ma l’azienda “conta” solo se spende nel momento giusto!

Mi spingo ancora più nel paradosso. Contrattare un prezzo in anticipo è inutile, non è questo che deve fare un buyer. Deve al contrario essere propositivo ovvero molto attento ai nuovi fornitori e vagliare tutte le opportunità che si aprono nel mercato. Quindi deve fare scouting, un ruolo diventato cruciale con l’internazionalizzazione delle imprese e la globalizzazione dei mercati, perché, “se non è possibile contrattare è possibile fare molta attenzione al mercato e alle nuove opportunità che offre, soprattutto adesso che la delocalizzazione ha portato le imprese a viaggiare in Paesi sempre di più lontani e diversi”. Ma c’è anche molto da fare sul lato HR.

I viaggiatori si comporteranno come atteso o come normato dalla Travel Policy? Cosa succede se si sposta la partenza o si acquista sotto data? Oppure, se per necessità di lavoro, ci si deve trattenere una notte in più? Il prezzo sarà quello pattuito? “Per rimanere un giorno in più, e quindi fuori contratto, l’hotel può chiedere qualunque prezzo. E’ un mercato molto rischioso con una volatilità di prezzi elevatissima, molto più di quella dei mercati finanziari”.

La professionalità del Travel manager aziendale richiede decisamente delle competenze di carattere tecnico-specialistico. in molte professioni, però, il bravo professionista si riconosce anche dalle sue abilità trasversali (sociali, relazionali, comunicative). Crede che questo valga anche per il Travel Manager? Se si in quale misura e in relazione a cosa?

Se c’è un settore dove è necessario avere delle competenze specialistiche trasversali è proprio quello del Travel Management. Le specializzazioni della maggior parte dei Travel Manager non sono specifiche e, in verità, non sono mai dei veri manager inquadrati come tali. Durante l’attività dell’Osservatorio Business Travel ho conosciuto solo due Travel Manager inquadrati come dirigenti.

Molti, infatti, sono quadri. Credo che questo dipenda dal fatto che ricoprire questa posizione implica frequentemente tagliare dei costi. Nessun manager taglia i costi, e se li taglia si preoccupa di mantenere costante la produttività, o meglio, aumenta il prodotto a parità di costi, cioè fa efficienza. I Travel Manager invece devono ridurre la spesa travel ma sono tenuti fuori dalle strategie di management aziendali. Nella testa di alcune “alte direzioni” c’è la convinzione che non serva una grande qualificazione per fare il Travel Manager: in fondo basta prenotare biglietti. Credo fermamente che questo sia falso, soprattutto adesso dove i paesi nei quali si viaggia per lavoro sono divenuti molto “complicati” anche per problemi di cultura.

Un TM non fa biglietti, non organizza un mero trasporto di persona, ma sposta risorse aziendali in contesti sconosciuti per periodi anche non brevi. Il TM deve quindi contrattualizzate fornitori di un paese molto differente dal nostro, deve sapere come gestire al meglio i distacchi, gli stipendi, le ferie, (funzioni che sono tipiche di un HR) come gestire una eventuale crisi, un recovering, i contatti con la famiglia e magari anche pensare a come rendere vivibile e piacevole il tempo extralavorativo a viaggiatori che potrebbero “non vedere l’ora” di tornare a casa. Mansioni a 360 gradi, a volte rischiose sia per la persona sia per l’azienda visto che per una banalità, per un conflitto culturale, si può anche perdere una commessa.

Nella professione del Travel Manager è possibile individuare, al fianco di una dimensione di management, una di leadership? Pensiamo alla distinzione che fa Kotter di queste due dimensioni: «leadership e gestione sono due distinti e complementari sistemi di azione. entrambe sono necessarie per il successo in un contesto imprenditoriale sempre più complesso e instabile. i Manager gestiscono attraverso la pianificazione e budgeting, mediante l’organizzazione del personale, e attraverso il controlling e problem solving. al contrario, la leadership che deve gestire un cambiamento deve definire una direzione (sviluppare una visione del futuro e le strategie per realizzare la visione), allineare, motivandole e coinvolgere le risorse nella giusta direzione”. È facile riconoscere nel Travel Manager gli aspetti di management, se e in cosa si esplica anche una dimensione di leadership?

Il Travel Manager porta valore quando riesce ad anticipare le future direttrici di business dell’azienda prima che il personale inizi effettivamente a viaggiare. Dovrebbe quindi essere informato dall’alta direzione ed eventualmente partecipare al processo decisionale. Ho già detto che il valore si forma gestendo il rischio ma anche motivare e coinvolgere le persone “lontano da casa” è cruciale per la loro produttività. Ad esempio lo scouting e la conoscenza dei fornitori su mercati mai visitati prima, ma anche la conoscenza della cultura locale, sono aspetti cruciali per “realizzare la visione”.

In sintesi, in un momento in cui il futuro di molte imprese italiane passa da mercati lontani, fare viaggiare e distaccare le persone diventa una strategia prioritaria. Quello che nei fatti limita le potenzialità di leadership di un TM, è però la poca conoscenza delle dinamiche generali di impresa.

Un esempio? Raramente queste figure vengono coinvolti nella realizzazione del budget preventivo delle trasferte, che spesso è: spesa dell’anno passato meno X%, anche quando “la visone” spinge l’impresa verso nuovi mercati, geograficamente e culturalmente molto differenti. Ma se al Travel manager italiano (medio) vengono più spesso richieste mansioni a basso valore aggiunto non dipende solo dalla sua esclusione dal processo di pianificazione strategica. So di essere poco popolare, ma credo che una parte della colpa la abbiano anche i Travel Manager stessi che non chiedono di più alla loro preparazione soprattutto sul piano delle potenzialità di analisi dei tanti dati che oggi hanno a disposizione.

Ho investito buona parte della mia vita professionale a formare Travel Manager in grado di ottenere dalla business travel intelligence informazioni di valore per l’azienda. Anche oggi, mi sto impegnando in un Corso – organizzato presso l’Università di Bologna e dedicato esclusivamente ai TM – la cui mission è: “cercare di insegnare un poco di statistica a persone che sono generalmente scoraggiate rispetto alle loro capacità di applicare in modo rigoroso questa scienza”.

La statistica viene mostrata come una chiave di lettura estremamente potente che consente di tradurre i dati in informazioni e quindi di gestire il rischio ed il comportamento di acquisto, portando grandi vantaggi all’azienda. In questo modo è possibile identificare aree di inefficienza o spreco ed intervenire per ridurle. Sapere misurare il rischio aiuta a governare l’incertezza e ad ottimizzare la performance aziendale.

In questo senso la carenza di professionalità statistica credo sia una enorme zavorra per una azienda, e non solo nel business travel.

Intervista ad Andrea Guizzardi

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